Le origini dell’abitato

Castilionis Tyberinae, Castiglione quod est in Tebe-rina, Castiglione Tiberino, Castiglione Capo della Teverina, sono denominazioni che si rincorrono da almeno settecento anni, ma le tracce della presenza umana nei suoi dintorni risalgono alla preistoria e si susseguono attraverso gli Etruschi, i Romani, i Goti, i Bizantini, i Longobardi.

long2
Il territorio di Castiglione sul confine fluttuante Longobardo-Bizantino (VI-VII sec.)

L’attuale abitato di Castiglione in Teverina è sorto probabilmente intorno all’anno mille, ma le numerose grotte carsiche che si aprono nella roccia dove si erge il centro storico potrebbero essere state abitate sin dal IV° – V° secolo, quando, a seguito dello sfacelo dell’impero romano, i coloni schiavi che popolavano le numerose “villae” che come una corolla  cingevano la pianura, conquistando la libertà si sono rifugiati sul colle, dove per secoli hanno vissuto nascondendosi e sfuggendo alle sanguinose invasioni barbariche.
Intorno al IX – X secolo, nuovi barbari attraversano l’Europa. L’Italia subisce saccheggi e le scorrerie di Ungari e Normanni che scendono dalle Alpi e dei Saraceni che assaltano i centri sul mare, addentrandosi anche nell’entroterra lungo il corso dei fiumi, saccheggiando impunemente città, chiese e monasteri.
Nel 1050 i Normanni, stanziati in Puglia ed in Campania, si spingono fin al confine del Patrimonio di San Pietro costringendo molta gente a fuggire e rifugiarsi anche a Orvieto e Bagnoregio, che viene fortificata.
Per la tanta gente sospinta  dal pericolo e dalla paura vengono abitate anche le isole del lago di Bolsena.
Sicuramente più degna di fede è la notizia degli attacchi alle città della costa tirrenica portati dai Saraceni. Le città più colpite sono Corneto, Vulci e Gravisca e i loro abitanti riparano all’interno, provocando un consistente aumento della popolazione anche ad Orvieto. La popolazione cerca rifugio per sfuggire ai saccheggi, ma anche alle rapine dei banditi, agli abusi dei pubblici ufficiali ed alle violenze dei vicini, sottomettendosi ad un signore forte e potente donandogli tutto quello che possiede in cambio di protezione. Altrettanto fanno i piccoli proprietari di terreni, che si trovano in grandi difficoltà economiche, sopraffatti anche dalle continue guerre alle quali sono costretti a partecipare.

seppie
Il Castello di Seppie sorge su uno sperone tufaceo proteso nella valle dei Calanchi. Il nome “Seppie” deriverebbe dal longobardo Saepis (barriera muraria o recinzione).

I potenti erigono castelli, che sono al tempo stesso strumento di difesa e di potere, e diventano veri e propri despoti. Esercitano il potere amministrando la giustizia, esigendo pedaggi, diritti ed imponendo canoni fondiari per la coltivazione delle terre. I contadini escono dalle grotte ed abbandonano le capanne isolate nella campagna per costruire le prime case di pietra a ridosso dei castelli e delle torri dei potenti Monaldeschi che, dal loro castello di Seppie, nei pressi di Lubriano, espandono man mano i loro possessi fino a dominare totalmente la Teverina.
Nascono così Tordimonte, Castellonchio, Polsano, Sermugnano, Castro, Agliano, Vaiano, Castello dell’Abate, Civitella.
A Castiglione in Teverina gli abitanti sono sparpagliate  nelle grotte e nell’area che va da Pompigliano a Santa Lucia, a Masseto.  Formano due piccoli nuclei abitati intorno a due torri situate sui massi di travertino che dominano la valle del Tevere: Castiglione e Paterno.
I borghi sono situati molto vicini tra loro, per permettere agli abitanti di recarsi a lavorare le terre e pascolare gli animali, e di rientrare velocemente nel borgo ai primi accenni di pericolo, certamente molto frequenti.
Castiglione deve essere stato soggetto all’amministrazione del vescovo di Bagnoregio e contemporaneamente ad uno o più signorotti potenti del luogo, forse antenati di quegli stessi signorotti che si vogliono fondatori di molti centri abitati della zona: i Monaldeschi.