Vocabolario ragionato di una lingua che scompare – dal libro di Cesare Corradini
LA “E” FINALE.
Prima di qualsiasi approccio alla grammatica del dialetto castiglionese, è necessario evidenziare la caratteristica più apparente ed importante: la sistematica sostituzione delle “i” in finale di parola con “e”, che vede rare eccezioni nelle quali la “e” viene aggiunta (es. doppie per doppi, cappie per cappi). Una peculiarietà ben evidenziata dai motti: “le carabbignere co le baffe e le faciole co le sasse”, e “‘le gatte maschie”.
Quale regola generale del dialetto castiglionese, si assumerà che non esistono parole terminanti per “i”, quando questa non sia accentata o tonica. Questa è tutavia una regola valida soltanto per il dialetto che si parla al giorno d’oggi e che si è modificato nelle ultime generazioni, mentre fino a pochi decenni or sono la “ì” finale, seppure accentata o tonica, veniva pronunciata soltanto all’interno della frase, perché alla fine del periodo, come tutte le vocali accentate, veniva addolcita dall’aggiunta di “-ne”, una caratteristica che si ritrova agli albori della lingua italiana (meo sire e Dio t’accomanno che ti diporti da mene, ed io tapina rimanno – Giacomo da Tolentino, scuola siciliana del XII° XIII° secolo), in Dante (per l’altrui fallanza, pur ascoltando, timida si fane, così Beatrice trasmutò sembianza – Paradiso XXVII/31), in San Francesco (et nullu homo ène dignu te mentovare – Cantico delle Creature).
Si avrà così al giorno d’oggi: giuddillì, signorsì, venardì, mi, si (particelle pronominali con la i tonica che, tuttavia, talvolta si trasformano in me e se), ed avremo invariabilmente lue, noe, voe, quante (per quanti), tante (tanti), belle, sverte (svelti), arte (alti) e così via, ed inoltre: guante, curtelle (coltelli), libbre, strappe, ucelle (uccelli), galle, carre, ecc., ma nel dialetto parlato dai nostri nonni si avrebbe “giuddillì stonno a sentìne”, “mannelo giuddilline”, come si avrebbe anche “parlàne, vedéne, perchéne, chìne, cantòne, ecc.” (parlà(re), vede(re), perché, chi, cantò), quando queste si trovano alla fine del periodo).
IL PLURALE
Nella lingua italiana, la formazione del plurale avviene in dipendenza della lettera finale del singolare, mentre nel dialetto, per effetto della regola della “e” finale, tutti i plurali sono terminanti in “e” salve le eccezioni che in seguito si diranno:
italiano |
dialetto |
|||
Parole teminanti in | maschile | femminile | maschile | femminile |
a |
i |
e |
e |
e |
o |
i |
i |
e |
e – o |
e |
i |
i |
e |
e |
Si avrà pertanto
singolare | Pl. italiano | Pl. dialetto | |||
terminanti | maschile | pianeta | pianeti | pianete | |
in a | femminile | casa | case | case | |
terminanti | maschile | uomo | uomini | omine | |
in o | femminile | cavo | cavi | cave | |
terminanti | maschile | prete | preti | prete | |
in e | femminile | luce | luci | luce | |
I nomi uscenti in -gia terminano al plurale sempre in –gge: valigge, spiagge. I singolari terminanti in “o fanno “regolarmente” centinare, mijare, (riso, che in italiano forma il plurale risa, non esiste nel dialetto dove si risconta risata, o più precisamente “risarella”), ma fanno eccezione “ova” “bova” (al singolare “bovo” e non bue) e mano, che al plurale resta “mano” (la mano, le mano). Nelle parole uscenti in -co e go, nelle quali nell’italiano il plurale termina in -chi e -ghi se piane (con l’accento sulla penultima sillaba), mentre termina in -ci o -gi se sdrucciole (con l’accento sulla terzultima sillaba): cuòchi, luòghi, mèdici, radiòlogi, nel dialetto termina invariabilmente in -che o -ghe: còche, loghe, mèdiche, radòloghe. Non fanno eccezione neanche amìche, grèche, porche(tte), incàriche, sollétiche, òbblighe, ecc. Analoga semplificazione per le parole uscenti in -logo o -fago, il cui plurale in italiano è -logi o -fagi se indicano persone, oppure -loghi se indicano cose; nel dialetto si avrà comunque: cardiologhe, radiologhe, e cataloghe, dialoghe, monòloghe ecc. ed inoltre stomache, maniche, sarcofaghe. Belgi si dice belghe, sia al maschile che al femminile. Le parole uscenti in -io con la “ì” tonica, terminano al plurale in italiano -ii (oblii, calpestii) e quelli uscenti in -io con la i atona terminano in -i (vocabolari, omicidi, princìpi) mentre in dialetto terminano sempre in -ie: oblie, calpestie, vocabolarie, omicidie, principie ecc. Tutte le parole terminanti in “e” al singolare, restano invariate al plurale: padrone> padrone, carne>carne, legge>legge, moje>moje, specie> spece ecc.; il loro numero non può essere stabilito se non attraverso l’articolo determinativo, che viene sempre premesso, restando tuttavia ignoto il riconoscimento del genere:
numero
Italiano | dialetto | pertanto | ||||||
singolare | plurale | singolare | plurale | singolare | plurale | |||
pastore | pastori | pastore | pastore | ‘r pastore | le pastore | |||
bollore | bollori | bollore | bollore | ‘r bollore | le bollore | |||
priore | priori | priore | priore | ‘r priore | le priore | |||
genere
Italiano | dialetto | pertanto | ||||||
maschile | femminile | naschile | femminile | maschile | femminile | |||
gatti | gatte | gatte | gatte | le gatte | le gatte | |||
maestri | maestre | maestre | maestre | le maestre | le maestre | |||
cavalli | cavalle | cavalle | cavalle | le cavalle | le cavalle | |||
qualora sia indispensabile l’individuazione del genere si usa una locuzione: le gatte femmine, le cavalle maschie, le maestre donne, ecc..
Nella lingua italiana alcuni nomi hanno due plurali: bracci e braccia, budelli e budella, cervelli e cervella, labbri e labbra ecc.; nel dialetto il plurale è soltanto uno e sempre terminante in “e” anelle, budelle, cervelle, labbre, lenzole, urle ecc. sia quando si vuole considerare un insieme distinto (es. i ginocchi) che quando si considerano quelle di una persona (le ginocchia).
L’ARTICOLO DETERMINATIVO
Italiano |
Dialetto |
|
il |
> |
‘r |
lo |
> |
lo |
la |
> |
la |
l’ |
> |
l’ |
i |
> |
le |
gli |
> |
le |
le |
> |
le |
I plurali i e gli, nel dialetto fanno sempre “le”, che viene usato sia al maschile che al femminile, es.: “le gatte”, sia quando si vuole indicare un insieme di gatti che di gatte, ed inoltre “le cane, le socere, le gnocche, le gnaole, le zappitelle, le zozze” ecc., essendo superate tutte le regole della lingua italiana per l’applicazione dei due articoli plurali maschili.
“Il” diventa “r”, portando taluni a credere che si tratti di una influenza del romanesco “er”. In realtà, segue la regola per la quale la “l” che precede una consonante si trasfoma in “r”. Cosi come si ha portrona per poltrona e cormo per colmo, si ha ‘r monte e ‘r mare, ‘r cane e ‘r gatto. Nelle parole che iniziano per “l” nelle quali non risulta pronunciabile l’articolo (non è pronunciabile‘r libro, ‘r lume, ‘r lumacone) viene raddoppiata la “l” iniziale (llibro, llume, llumacone). Nelle parole che iniziano per “r”, questa si pronuncia come raddoppiata ( ‘rranno, ‘rrospo). L’articolo “r” (il) si usa anche davanti alle parole che cominciano per “z”. Per quanto riguarda le parole che cominciano per “ps”, si deve osservare che la generalità dei relativi maschili italiani sono flessioni di “psiche”, parola che non esiste nel dialetto. Tuttavia, per un castiglionese risulta abbastanza agevole la pronuncia ‘r psicologo o ‘r psichiatra”. Ciò non accade per le parole inizianti con “gn”, che potrebbero riassumersi in “gnaolà” e relativi derivati, e gnocco; ma se non risulta ben pronunciabile “r gnaolamento”, altrettanto improbabile sembra risultare “lo gnaolamento”, tanto da far ritenere possibile davanti a “gn” l’uso del solo articolo indeterminativo o di una perifrasi. Si può quindi concludere che ‘r si pronuncia davanti a tutte le consonanti, tranne la “s” impura”, avendo così ‘r zozzo, ‘r zucchero, ‘r zappitello, ed anche ‘r psicologo e ‘r psichiatra.
Gli articoli “la” e “lo”, si usano come nella lingua italiana, fermo restando l’uso di “lo” soltanto davanti alla “s” impura ed alle parole che iniziano per vocale. Si avrà quindi “lo scemo, lo sciroppo, lo spacco, lo stemma”, “la casa, la mamma” ed anche: la janna e lo jotto, l’acqua e l’occhio (la “J” ha sempre un suono simile alla “i”, viene quindi trattata come una vocale).
L’articolo determinativo si omette sempre davanti ai nomi propri di persona maschili, mentre si premette sempre a quelli femminili (la Giovanna, la Luisa, l’Anna), ed anche ai cognomi che appartengono a donne: mentre avremo Rossi, Bianchi e Verdi per indicare uomini, avremo la Rossi, la Bianchi e la Verdi per indicare donne. Si usa sempre davanti ai nomi di parentela, sia singolari che plurali: ‘r babbo, la mamma, ‘r zio e le sorelle, le su cognate e le nostre nonne, mentre davanti ai giorni della settimana viene omesso se si intende passato o prossimo (giovedì c’ero sottintende giovedì scorso e sabato ci verrò sottindende sabato prossimo), e viene sostituito dalla preposizione negli altri casi: il professore non riceverà mai il martedì ma sempre di martedì.
Non esistono regole precise per l’uso davanti al soprannome, cosicché è possibile avere ‘r Didde, ‘r Pezzato ’r Federale, ed anche Pisellino, Baccaille o Cipolletta.
L’ARTICOLO INDETERMINATIVO
Italiano |
Dialetto |
|
un |
> |
‘n |
uno |
> |
‘no |
una |
> |
‘na |
|
|
|
L’articolo indeterminativo “‘n” si usa anche davanti alle parole che cominciano per “z” e “ps”, ma è possibile anche il “ ‘no”, che ha un uso esclusivo soltanto davanti a “gn” e “s” impura. Si ha in conseguenza “‘n zappitello, ‘n zozzo, ‘n psicologo” ed anche “ ‘no zappitello, ‘no psicologo e ‘no zozzo”, mentre si avrà soltanto “‘no gnocco, ‘no gnaolamento, ‘no scemo, ‘no stoppino”.
LA PREPOSIZIONE
Ital. |
il |
lo |
la |
i |
gli |
le |
|
dial. |
‘r |
lo |
la |
le |
le |
le |
|
di |
di |
der |
de lo |
de la |
de le |
de le |
de le |
a |
ma |
mar |
ma lo |
ma la |
ma le |
ma le |
ma le |
a |
ne |
ar |
ne lo |
ne la |
ne le |
ne le |
ne le |
da |
da |
dar |
da lo |
da la |
da le |
da le |
da le |
in |
‘n |
ner |
ne lo |
ne la |
ne le |
ne le |
ne le |
con |
co |
cor |
co lo |
co la |
co le |
co le |
co le |
su |
su |
sur |
su lo |
su la |
su le |
su le |
su le |
per |
pe |
per |
pe lo |
pe la |
pe le |
pe le |
pe le |
tra |
tra |
tra ‘r |
tra lo |
tra la |
tra le |
tra le |
tra le |
fra |
fra |
fra ‘r |
fra lo |
fra la |
fra le |
fra le |
fra le |
Non esistono gli articoli partitivi che si formano dalla fusione dell’articolo con la particella “di” (del pane, delle rose, degli uccelli) per indicare una parte indeterminata di un insieme, che vengono sostituiti nel dialetto da un po’ di quando il nome che segue è singolare (un po’ di pane, un po’ di zucchero per del pane, dello zucchero), e da quarche quando è plurale (t’ho portato quarche rosa, quarche bovo pastura: ti ho partato delle rose, dei buoi pascolano).
L’unica preposizione articolata si forma con “r”: (per cane, der gatto, mar somaro, ner cellaro, cor cortello), permanendo anche con la particella “con” (nell’italiano è in disuso collo, colla ecc., sostituite da con lo, con la ecc.). La preposizione articolata “ar” (al) si usa sempre in luogo dell’articolo davanti ai giorni del mese (…arinascio al vintuno di novembre… …Natale adè ar vinticinque di dicembre). In tutti gli altri casi preposizione e articolo restano separati (vedi tabella). Inoltre, nelle parole che iniziano per “l” si applica la stessa regola dell’articolo “r” (co llume, ne llibro) e nelle parole che iniziano per “r” questa viene raddoppiata (de rrospo); in entrambi i casi si usa la preposizione semplice e non articolata
La particella “di” si pronuncia come nell’italiano, ed assume la forma “de” quando precede l’articolo: di casa, de la casa, der gatto, de le galline). La particella “a” ha una forma arcaica di “ma”: ma me, mar cane, ma la nonna, ed una forma “ne”: ne me, ner cane, ne la nonna. La particella “in” subisce l’aferesi (‘n) e come nell’italiano assume la forma “ne” quando precede l’articolo.
GLI AGGETTIVI POSSESSIVI
Italiano. |
dialetto |
||||||||||||||||||||||||
davanti al nome |
dopo il nome |
||||||||||||||||||||||||
singolare |
plurale |
singolare |
plur. |
singolare |
plur. |
||||||||||||||||||||
il |
la |
i |
le |
‘r |
la |
le |
‘r |
la |
le |
||||||||||||||||
mio |
mia |
miei |
mie |
mi |
mi |
mi |
mio |
mia |
mie |
||||||||||||||||
tuo |
tua |
tuoi |
tue |
tu |
tu |
tu |
tuo |
tua |
tue |
||||||||||||||||
suo |
sua |
suoi |
sue |
su |
su |
su |
suo |
sua |
sue |
||||||||||||||||
nostro |
nostra |
nostri |
nostre |
nostro |
nostra |
nostre |
nostro |
nostra |
nostre |
||||||||||||||||
vostro |
vostra |
vostri |
vostre |
vostro |
vostra |
vostre |
vostro |
vostra |
vostre |
||||||||||||||||
loro |
loro |
loro |
loro |
su |
su |
su |
suo |
sua |
sue |
||||||||||||||||
non esiste una forma propria per la terza persona plurale, che è sempre uguale a quella singolare: la mi penna, ‘r tu cane, la su casa e: la penna mia, ‘r cane tuo, la casa sua.
Non esistono gli aggettivi altrui e proprio, sostituiti rispettivamente da “dell’artre” e “mio, tuo, suo”: le fatte dell’artre l’ha sentite co le su orecchie (proprie orecchie). In frasi come “Giovanni non arriva in macchina e Antonio arriva con la propria (se dicesse con la sua si potrebbe intendere quella di Giovanni) si sopperisce con diversa costruzione della frase: Antonio arriva co la su maghina e Giovanni no).
GLI AGGETTIVI DIMOSTRATIVI
indicativi
Italiano |
dialetto |
|||
singolare |
plurale |
singolare |
plurale |
|
maschile |
questo |
questi |
sto |
ste |
femminile |
questa |
queste |
sta |
ste |
|
|
|||
maschile |
codesto |
codesti |
testo |
teste |
femminile |
codesta |
codeste |
testa |
teste |
maschile |
quel, quello |
quei, quegli |
quer, quello |
quelle |
femminile |
quella |
quelle |
quella |
quelle |
Va perdendosi l’uso di testo, testa e teste, sostituito da quer, quello, quella, quelle, che vengono usati sia se lontani da chi parla e da chi ascolta, sia de lontani da chi parla ma vicino a chi ascolta.
indefiniti o quantitativi
Non trovano rispondenza nel dialetto e sono sostituiti da altri aggettivi o da una perifrasi: qualsivoglia (quello che voe, quello che ti pare), altrettanto (quant’e quello, uguale a quello), punto (gnente), qualsisia (quale si sia, tutte), alcuno (nissuno), alquanto (tanto), veruno (nissuno), taluno (quarcuno), ciascheduno, ciascuno (tutte, gni).
Certo è usato soltanto come aggettivo indefinito (parlino di certe cose), mentre come aggettivo qualificativo è sostituito da sicuro (quanno ‘r guagammio nun c’è la rimissione è sicura (=certa))
IL PRONOME
Personale
io |
io |
tu |
tu |
lui, lei, egli ella, esso, essa |
lue, lèe |
noi |
noe |
voi |
voe |
loro, essi, esse |
loro |
Il pronome personale è usato soltanto per riferirsi a persone (lue corre, lee, canta, loro magnino) mentre non viene mai usato per riferirsi ad animali (‘r cane corre, mai: lui corre; le pecore pasturino, mai: esse pascolano).
dimostrativo
Non si riscontrano i pronomi dimostrativi questi, costui, quegli, colui, costei, colei, costoro, coloro, che sono sostituiti da lue, lèe, lòro, riferiti esclusivamente a persona, questo, sto, testo, quello, riferiti sia persona che a cosa.
relativo
che |
che |
cui |
che – perchè – dove |
chi |
chi |
il quale, la quale, i quali, le quali |
che – perchè |
che = T’è arrivata la lettera che t’ho mannato? – ‘r cane che abbaja nun mozzica
cui = questa è la casa che t’evo detto (di cui ti avevo parlato) – ‘r motivo perchè te l’ho mannato è che… (per cui te lo ho mandato) – l’arbergo dov’emo durmito (in cui abbiamo dormito)
chi = chi nun risica nun rosica – chi viene viene – co chi nun conosco nun ci parlo.
quale = t’è arrivata la lettera che t’evo detto? (della quale di avevo parlato) – ‘r motivo perchè te l’ho mannato è che… (per il quale te lo ho mandato)
Per evitare l’errore di usare che invece di cui (la casa che emo durmito), che non esiste nel dialetto”, interviene “dove” (la casa do emo durmito).
AVVERBIO
di modo
Non esistono gli avverbi che si formano aggiungendo il suffisso –mente all’aggettivo qualificativo (fortemente, chiaramente, dolcemente, ecc.), che vengono sempre sostituiti dal solo aggettivo qualificativo, talvolta rafforzanto con un raddoppio: spigne forte (fortemente), parla chiaro (chiaramente), parlije carmo carmo (dolcemente), cammina piano piano (lentamente). Non esistono avverbi quali volentieri (mi va bene, c’ho voja), esatto (preciso), adagio (piano).
Gli avverbi che indicano un atteggiamento o un’andatura e che nella lingua italiana si formano con il suffisso -oni: penzoloni, ginocchioni, tentoni ecc., che a causa della e finale che trasforma il suffisso in –one potrebbero essere confusi con l’accrescitivo, vengono sempre preceduti dalla preposizione, solitamente “a”, talvolta “in”. Si avrà pertanto non più un avverbio ma una locuzione
determinativi
Tra gli avverbi determinativi, quelli di luogo si sviluppano attraverso la forma meqqì, mellì, mestì, oltre alla forma meqquà, mellà, mestà, che può essere usata in sostituzione della prima oppure per aggiungere le posizioni di luogo su e giu (mellassù, mestaggiù). Numerose sono le forme: si ha infatti meqquì ed anche mecchì o miqquì, mestì ed anche mistì ecc. poi giupperdillì, suddiqquì ecc.
Si nota inoltre la mancanza di poi (doppo), giammai, (mae), sovente (spesso), assai (parecchio), circa (piu o meno), solanto (solo), nulla (gnente), perfino (pure), inoltre (e poe), neanche, neppure e nemmeno (manco)
LA CONGIUNZIONE
Nessuna particolare caratteristica grammaticale viene assunta dalle congiunzioni, se si esclude la forma dialettale per alcune di esse: inoltre (e poe), neanche – neppure – nemmeno (manco – mamanco), oppure (o), ora (mo, adesso), altrimenti (si nò – sinnò), e più spesso la loro sostituzione con altre di analogo significato: mentre (intanto), ora (adesso), in conclusione (a la fine), effettivamente (difatte), ovvero (ossìa), quindi, pertanto, perciò (allora).
Da segnalare anche l’assenza di molte congiunzioni per così dire “dotte”: altresì, ovverosia, tuttavia, nondimeno, senonché, poiché, giacché, nonostante, allorché, quantunque, seppure, malgrado, ecc., sempre sostituite la locuzioni.
IL VERBO
Dopo la e finale, il verbo è una delle caratteristiche del dialetto castiglionese che più lo differenziano dalla lingua ufficiale. Numerosissime sono le peculiarietà delle coniugazioni, che tuttavia si dovrà senz’altro rinunciare ad esaminare compiutamente, essendo troppo complesse per essere affrontate in uno spazio ridotto. E’ infatti frequente la presenza di più di una coniugazione per uno stesso modo e tempo, che sarebbe necessario approfondire anche per comprenderne la eventuale dipendenza dal progressivo abbandono di forme arcaiche (chiaro esempio alcune interessanti coniugazioni del Prudenzani, che si riscontrano oggi in dialetti meridionali, quali saccio, aggia, aggio (so, abbia, ho)), oppure da errate o semplicistiche applicazioni dei tempi. Raro l’utilizzo dei condizionali, poco usato il passato remoto (sostituto dall’imperfetto) ed inesistente è il futuro anteriore (sostituito dal presente). Assente o molto dubbia la coniugazione del congiuntivo, eventualmente effettuata come nell’imperfetto o nell’indicativo presente. Molto numerose infine le forme irregolari.
Sommariamente, per quanto concerne il testo di Ser Tommaso, quindi facendo riferimento alla fine del XV° secolo, si osserva in generale che nella forma riflessiva il suffisso RSI, come oggi, muta in SSE (pulirsi = pulisse, pentirsi = pentisse). Nella terza persona plurale del passato remoto delle coniugazioni in ARE il suffisso ONO muta in O (ammazzarono= ammazzaro, andarono= andaro, buttarono= buctaro, cominciarono= comenzaro), mentre nella coniugazione in IRE il suffisso RONO muta in ERO (Apparirono = appariero, aprirono= apriero, sentirono= sentiero, seguirono= seguiero). Nel condizionale imperfetto e nel passato remoto il suffisso ERO muta in ORA (cavassero= cavassora, dovessero= dovessora, misero= misora, dettero= dectora. Nel passato remoto delle coniugazioni in ARE ed IRE, la vocale finale muta in ETTE (parlò= parlette, guardò = guardette, sentì= sentette, partì = partette)
Per quanto concerne invece il Prudenzani, quindi la fine del XIV secolo, sono da segnalare alcune coniugazioni quali “anda” (va), “suto“, ossia “essuto” (stato), ed alcune coniugazioni giunte sino ai tempi nostri: escironno (usciranno), creso (creduto), stregnie (stringi, stringe), viencie (vieni-ci).
Esaminando le forme che maggiormente caratterizzano il linguaggio odierno, si nota che tutti gli infiniti vengono troncati alla pima lettera della desinenza, che viene sempre accentata (cantà, parlà, comincià, tené, sapé, partì, sentì, venì ecc.), con eccezione dei verbi terminanti in ere appartenenenti alla terza coniugazione latina, nei quali il troncamento avviene senza accentazione (smette, piagne, rompe, mette, corre, legge, sprème, ride ecc.). L’infinito dei verbi riflessivi si forma come nella lingua italiana, con il suffisso –rsi che si trasforma in –sse (guardasse, sentisse, vedesse).
Il verbo avere, come ausiliare ha una coniugazione conforme a quella della lingua italiana: ho parlato, hae sentito, avrae visto ecc., quando invece ha il significato di possedere assume all’infinito una forma che lo fa sembrare un riflessivo: avecce, che letterealmente dovrebbe corripondere all’italiano averci, mentre nella coniugazione usa la particella “ci” elisa che viene sempre premessa alla coniugazione: c’ho, c’hae c’ha, c’essimo, c’avronno ecc.. Interessantissima la forma arcaica adò, adae, adà, oggi pressoché abbandonata.
Il verbo essere si dice all’infinito èsse, ma, come l’avere, ha una forma più arcaica che permane nella terza persona singolare (adè), che fa risalire l’infinito ad “adiesse”, che talvota si riscontra nel vernacolo delle persone più anziane: nun pole adiesse che tu arrive sempre tarde.
Non esiste il verbo dovere, sopperito con il verbo avere seguito dalla preposizione “da”: ho da, hae da, ha da, emo da, essivo da, ete da ecc.. ed anche c’ho da, c’hae da, c’emo da ecc. e non esiste il verbo fingere, sopperito dal verbo fare seguito dal sostantivo “finta”: fo finta, fae finta, famo finta ecc,.
Il verbo chiappà, che nel significato di prendere, afferrare, viene coniugato regolarmente, nella forma chiappacce significa indovinare, colpire nel segno, e si coniuga con la particella “ci” che precede la coniugazione regolare. Chiappo, chiappa, chiappamo, chiappassivo significano prendo, prende, afferriamo, afferraste, mentre ci chiappo, ci chiappa, ci chiappamo, ci chiappassivo significa indovino, indovina, indoviniamo, indovinaste ecc. oppure colpisco, colpice ecc.
In tutti i verbi impersonali si usa come ausiliare avere: ha piovuto, ha nevicato, ha tronato.
Il verbo imparà, ha il significato sia di imparare che di insegnare Molti verbi dell’italiano non trovano riscontro nel dialetto e vengono sostituiti da altri con analogo significato: affrettarsi: sbrigasse, cessare: smette, finì; accingersi: cumincià, avvicinasse, preparasse; tentare: provà, provacce; eseguire (un lavoro), esercitare (un mestiere): fà; indossare: mette; altri trovano invece riscontro meno diretto e vengono sostituiti da verbi seguiti da sostantivi, avverbi o aggettivi: osare: avecce ‘r coraggio, provacce; desiderare: avecce voja, volé; preferire: sapé mejo (sapere intr. pronominale); riuscire: esse bono, venì bene; (venire intr. pronominale); avanzare: annà avante; frequentare: annà co; incendiare: dà foco; incendiarsi; pijà foco, annà a foco; affondare: annà a fonno.
LE PRINCIPALI CONIUGAZIONI
AVERE (ausiliare) – nel significato di possedere si premette sempre la particella “ci” apostrofata (c’ho, c’ebbe, c’arae ecc.)
Indicativo
Presente : ho (adò, aggio, arcaioco) – hae (adae) – ha (adà) – emo – ete – hanno (onno)
Imperfetto : evo (eo, io) – eve (aveve, ie) – eva (ia) – evimo (essimo) – evito (essivo) – evino (eono, ìono)
Passato remoto : ebbe – este – ebbe – essimo – essivo – ebbero
Fututo : arò (averò) – arae (avarae) – arà (avarà) – aremo (avaremo) – arete (averete) – aranno (aronno)
Congiuntivo
Imperfetto : esse (aggia, arcaico) – esse – esse – essimo (avessimo) – essivo – essero
Condizionale
Presente : averèbbe (arèbbe) – avereste (areste) – averèbbe (arèbbe) – averessimo (aressimo) – averessivo (aressivo) – averebbero (aressero)
Imperativo : emo noe – etice voe – essero loro (non presenti le altre persone)
Participio passato : auto – Gerundio : avenno (aenno)
ESSERE
Indicativo
Presente : sò – sèe – è (adè) – semo – sete – sò
Imperfetto : ero (adero) – ere (adere) – era (adera) – erimo (aderono) – erite (aderite) – erino (aderino)
Passato remoto : fue – fuste – fu – sessimo – sessivo – ènno
Fututo : sarò – sarae – sarà – saremo – sarete – saronno
Congiuntivo
Imperfetto : fosse – fosse – fosse – ? – ? – ?
Condizionale
Presente : sarèbbe – sareste – sarèbbe – saressimo – saressivo – sarèbbero
Imperativo : èsse tu – sémo noe – séte voe (non presenti le altre persone)
Participio passato : stato (suto, essuto, arcaico) – Gerundio : essènno (aenno)
– ARE
Indicativo
Presente : parlo – parle – parla – parlamo – parlate – parlino
Imperfetto : parlavo – parlave – parlava – parlavimo – parlavito – parlavino
Passato remoto : parlae – parlaste – parlò – parlassimo – parlassivo – parlònno
Futuro : parlarò – parlarae – parlarà – parlaremo – parlarete – parlaranno
Congiuntivo
Imperfetto : parlasse – parlasse – parlasse – parlassimo – parlassivo – parlassero
Condizionale
Presente : parlarebbe – parlareste – parlarebbe – parlaressimo – parlaressivo – parlarèbbero
Imperativo : parla tu – parlamo noe – parlate voe (non presenti le altre persone)
Participio passato : parlato – Gerundio : parlanno
– ERE
Indicativo
Presente : piagno – piagne – piagne – piagnemo – piagnete – piagnino
Imperfetto : piagnevo – piagneve – piagneva – piagnevimo – piagnevito – piagnevino
Passato remoto : pianse (piagnette) – piagneste – piagnette – piagnessimo – piagnessito – piagnerono
Futuro : piagnerò – piagnerae – piagnerà – piagneremo – piagnerete – piagneranno
Congiuntivo
Imperfetto : piagnesse – piagnesse – piagnesse – piagnessimo – piagnessivo – piagnessero
Condizionale
Presente : piagnerebbe – piagnereste – piagnerebbe – piagneressimo – piagneressivo – piagnerèbbero
Imperativo : piagne tu – piagnemo noe – piagnete voe (non presenti le altre persone)
Participio passato : pianto – Gerundio : piagnenno
– IRE
Indicativo
Presente : sento – sente – sente – sentimo – sentite – sentino
Imperfetto : sentivo (sentìo) – sentive (sentìe) – sentiva -(sentìa) sentivimo – sentivito – sentivino
Passato remoto : sentie (sentette) – sentiste – sentì – sentissimo – sentissivo – sentinno
Futuro : sentirò – sentirae – sentirà – sentiremo – sentirete – sentiranno
Congiuntivo
Imperfetto : sentisse – sentisse – sentisse – sentissimo – sentissivo – sentissero
Condizionale
Presente : sentirebbe – sentireste – sentirebbe – sentiressimo – sentiressivo – sentirèbbero
Imperativo : sente tu – sentimo noe – sentite voe (non presenti le altre persone)
Participio passato : sentito – Gerundio : sentenno
N.B –
– Nel verbo sentire, con esclusione delle prime tre persone delll’indicativo presente, esiste una tendenza a pronunciare sint- in luogo di sent – (sintisse, sintirà, sintissimo ecc.)
– nell’indicativo futuro e nel congiuntivo presente, esiste una tendenza a coniugare tutte e tre le desinenze in ARE: piagnarò, piagnarae ecc. piagnarebbe, piagnareste ecc. come pure sentarae, sentarò, ecc. sentarebbe, sentareste ecc..
ALCUNI VERBI IRREGOLARI
ANDARE – ANNA’
Indicativo
Presente : vo – vae – va (anda, arcaico) – annamo – annate – vanno
Passato remoto : 3^ pl. annettero
Participio passato: ito
Imperativo : va tu
CREDERE – CREDE
Participio passato: creso
DARE – DA’
Indicativo
Passato remoto : dette – daste – dette – dassimo – dassivo – ? (diedero, dettono?)
Imperativo : da tu – damo noe – date voe (non presenti le altre persone)
DIRE – DI’
Indicativo
Presente : dico – diche – dice – dimo – dite – dichino
Imperfetto : dicevo (dicìo) – diceve (dicìe) – diceva -(dicìa) dicevimo – dicevito – dicevino
Passato remoto : disse (dicette) – diceste – disse – dicessimo – dicessivo – dissero
Participio passato: ditto
Condizionale
Presente : dirrebbe – dirreste – dirrebbe – diressimo – diressivo – dirèbbero
Imperativo : di tu – dimo noe – dite voe (non predici le altre persone)
FARE – FA’
Indicativo
Presente : fo – fae – fa – famo – fate – fanno
Passato remoto : coniugazione ottenuta mediante l’ausiliare ed il participio passato (ho fatto, hae fatto ecc.)
PARERE – PARE’
Indicativo
Presente : pajo – paje – pare – paremo – parete – pajno
Imperfetto : parevo – pareve – pareva – parevimo – parevito – parevino
Passato remoto : parse (parette) – pareste – parettero – paressimo – paressito – parerono
Futuro : pajerò – pajerae – pajerà – pajeremo – pajerete – pajeranno
Condizionale
Presente : pajerebbe – pajereste – pajerebbe – pajeressimo – pajeressivo – pajerèbbero
POTERE – POTE’
Indicativo
Presente : posso – poe – po’ (pole) – potemo – potete – possino
Imperfetto : potevo (potìo) – poteve (potìe) – poteva (potìa) – potevimo – potevito – potevino
Passato remoto : potée (potette) – poteste – poté – potessimo – potessito – poterono
Futuro : potrò – potarae – potarà – potaremo – potarete – potaranno
Condizionale
Presente : potarebbe – potereste – potarebbe – potaressimo – poteressivo – potarèbbero
SAPERE – SAPE’
Indicativo
Presente : so (saccio, arcaico) – sae – sa – sapemo – sapete – sonno
Imperfetto : sapio – sapie – sapia – sapevimo – sapevito – sapevino
Passato remoto : sapee (seppe, ho saputo) – sapeste – sapette (seppe, ha saputo) – sapessimo – sapessito – (honno saputo)
TENERE – TENE’ (talvolta TIENE’)
Indicativo
Presente : tiengo – tiene – tiene – tenemo – tenete – tienghino
Imperfetto : tenevo – teneve – teneva – tenevimo – tenevito – tenevino
Passato remoto : tenne (tenette) – teneste – tenne (tenette) – tenessimo – tenessivo – tenerono
Futuro : terrò – terrae – terrà – tenaremo – tenarete – tenaranno
VEDERE VEDE’
Indicativo
Presente : veggo – vegghe – vede – vedemo – vedete – vedino
Imperfetto : vedevo – vedeve – vedeva – vedevimo – vedevito – vedevino
Passato remoto : vide – vedeste – vide (vedette) – vedessimo – vedessito – ? (hanno visto)
Futuro : vedarò – vedarae – vedarà – vedaremo – vedarete – vedaranno
Condizionale
Presente : vedarebbe – vedareste – vedarebbe – vedaressimo – vedaressivo – vedarèbbero
VENIRE – VINI’
Indicativo
Presente : viengo – vienghe – viene – venimo – venite – vienghino
Imperfetto : vinìo – vinìe – vinìa – vinivimo – vinivito – vinivino
Passato remoto : vinne – viniste – vinì – vinissimo – vinissivo – vinnero
Futuro : viengarò – viengarae – viengarà – viengaremo (vieniremo) – viengarete (vienirete) – viengaranno
Condizionale
Prevene : vierrebbe – vierreste – vierrebbe – vierressimo – vierressivo – vierrebbero
VOLERE – VOLE’
Indicativo
Prevene : vojo – voe – vole – volemo – volete – vojno
Imperfetto : vulìo – vulìe – vulìa – volevimo – volevito – volevino (volìono)
Passato remoto : vorze (vorzette) – voleste – vorze (vorzette) – volessimo – volessito – vorzero.
Futuro : vojerò – vojerae – vojerà – vojeremo – vojerete – vojeranno
Imperativo : vojelo tu – volemelo noe – voletelo voe (non presenti le altre persone)
Participio passato : vorsuto