Allo scopo di ridurre le dimensioni del glossario, sono state omesse le parole che appartengono al primo gruppo, ricavabili mediante l’applicazione della regola, mentre quelle del secondo gruppo sono state trascritte quando sono significative oppure se vengono applicate dalla grande maggioranza delle persone.
ESEMPI:
– sono state omesse tutte le parole che contengono la coppia di vocali “gl” che si pronunciano sempre con “j”: foja, moje, maja per foglia, moglie, maglia.
– sono state trascritte le parole che contengono una “b” che cambia spesso in “v”. Si ha infatti ciavatta e morvido, ma mentre si ha sempre ciavatta, si può avere sia morvido che morbido ed inoltre non si avrà mai carvone per carbone.
REGOLE FISSE
B – La B ha una pronuncia forte, come se fosse raddoppiata (subbito, libbero, tubbo). Seppure meno percepibile, ha una pronuncia forte anche la B iniziale (bbono, bbello, bbotte)
GH – La coppia di consonanti GH ad inizio parola muta in J, pronunciata come in Jugoslavia – (jotto, jaccio). Fa eccezione ghiro.
GL – La coppia di consonanti GL muta in J (ajo, mejo, fojo, paja, moje), che si pronuncia come nella parola Jugoslavia.
I – La I finale non accentata o tonica muta in E. Esempi: plurali = “le faciole co le sasse e le sordate co le baffe” (i fagioli con i sassi ed i soldati con i baffi).
I – La I che precede una vocale finale muta in R : topara, mannar,a lavannar,a fasciatoro, magnatora, centinaro .
I – La I iniziale seguita da una M (IM) o da una N (IN) subisce l’aferesi (‘mparà ‘mpasto ‘mpalà ‘mbranato) (‘ncudine ‘ncantà, ‘nsalata). La caratteristica permane nelle parole che per errata interpretazione dell’articolo mutano l’inizia da IN e IM in AN e AM (anzeccà, ansegnà, ancantà, antrisa, ansaponata ecc.)
L – La L che precede una consonante muta in R (erce, arbero, portrona, sòrdo). Fanno eccezione callo e callara (caldo, caldaia)
MB – La coppia di consonanti MB muta in MM (Gambe = gamme, ciambella = ciammella). Fa eccezione lombetto.
ND – La coppia di consonanti ND muta in NN (quando = quanno, lavandaia = lavannara, rotondo = rotonno). Nel dialetto moderno fanno eccezione biondo e candela e derivati, pronunciati in corretto italiano dalla generalità delle persone, pur essendo certa la pronuncia arcaica di cannela per candela (Es. Cannelora per Candelora, Canneori per Candeori), mentre biondo dovrebbe costituire una sorta di neologismo che ha sostituito canipino)
NI – la sillaba “ni” atona seguita da una vocale, muta in “gn” – Es. gnente, carabbignere, begnamino, pagnere, demogno.
RI – Il prefisso RI- che nei verbi indica ripetizione viene quasi sempre rafforzato da una A (ARI). (aricumincia, aridaje, ariparte). Da segnalare che per confusione della regola, nel modo di parlare di alcune persone si riscontrano parole come aristorante, arillevime ecc.
RL – Nella coniugazione dei verbi, la doppia consonante RL muta il LL – cantallo, sentillo, vedello ecc. regola contraria nel sostantivo catarlo (catarro)
RSI – Nella forma riflessiva di tutti i verbi il suffisso -RSI muta in -SSE (spostarsi: spostasse, guardarsi: guardasse)
S – La consonate S che segue altra consonante viene pronunciata dura (Perzica, verzo, lanzagna, torzo, orzo, ecc.).
U – La U che precede una O cade (dole, vole omo, ovo, bono, coco, muserola). Fa eccezione tuono, che si dice tòno, ma anche tròno.
V – La V intervocalica cade, oppure viene pronunciata in modo da sembrare inesistente: abbearà, coa, coata, gioanotto, bee, bearone, beuta cioetta. In compenso si ha Giovacchino.
VERBI – Gli infiniti dei VERBI, subiscono il troncamento alla prima vocale della desinenza, che viene accentata (partire = partì, guardare = guardà, vedere = vedé). Fanno eccezione all’accentazione i verbi della coniugazione latina, nei quali il troncamento avviene senza accentazione (smette, piagne, rompe, mette, corre, legge, sprème, ride ecc.).
REGOLE NON FISSE
A – Nei sostantivi, la A della penultima sillaba che precede le consonanti C o N, muta spesso in I (stomico ganghino intonico). La regola si applica sempre nella terza persona plurale dell’indicativo presente, (vedino, cantino, sonino, ballino).
B – La B intervocalica muta spesso in V (ammorvidì, ciavatta, morvido)
CO – La sillaba co, diventa spesso cu – curtello, cunijo, scummunica. Si ha però sempre conserva, coraja, conca ecc.
E – La E della prima sillaba, particolarmente se “VE”, ed inoltre nelle forme verbali e nei diminutivi, muta in I (vitrina, vittura, vitriolo ecc. e littino, nimico, virnicetta. dintino cincino cillittino ecc.. Si ha anche ditto, vinì, vinuto ecc. In compenso si ha deto per dito e si avrà sempre vellembia, venardì, veja, vedè ecc..
G – La G intervocalica viene talvolta raddoppiata (griggio caliggine valiggia faggiano siggillo), talvolta sostituita dalla C (Faciolo, buciardo, mocio, froce, stricà(re), arrancià(re), frecà(re), bucìa.
L – La L che segue una consonante che non sia R, muta talvolta in R (prurale, Craudio, semprice)
NG – La coppia di consonanti NG muta spesso in GN (Piango= piagno, mangio= magno, unghia= ugna, mangiatoia= magnatora, mungere= mugne) Si ha tuttavia fango, ‘nguento, tango, tiengo, ecc.
P – La P intervocalica viene spesso raddoppiata (Doppo, pippa), Si ha tuttavia capo, ripa, lapa ecc.
SCH – le vocali SCH mutano in ST – (fistio, stioppo, fistia, vistio, stiaffo, mastio, mistià) sono però numerose le eccezioni e da parte di molte persone si ha beschia, meschiere, foraschiero; sembra che ad Acquapendente sia abbia crischiano.
Z – Alla Z dell’ultima sillaba viene spesso aggiunta una I = (stanzia abbastanzia, pacenzia)
Z – la Z viene pronunciata quasi sempre sorda: zio, zappa, zoppo, zuppo ecc si pronunciano come in pozzo. Tra le eccezioni: batizzo, rozzo, orzo, mèzzo (metà, mentre mezzo con la z di orzo significa troppo maturo), ecc. che si pronuniano con la z sonora.