di Massimiliano Lattanzi da Roma, figlio di Arduino detto “il Sardino”

Quella struttura con i due silos di alluminio che si vede da ogni parte di Castiglione sita lungo la strada della stazione era ed è ancora denominata “Lo stallone”, perché era la più grande stalla in assoluto di proprietà della INEC; il responsabile era mio zio Tarquinio Lattanzi.
In quella stalla si allevavano vitelli di razza Chianina cioè quelli completamente bianchi; essa era organizzata in questo modo: su un lato c’erano le vacche destinate alla riproduzione di vitelli ed alla produzione di latte; sull’altro lato vi erano i vitelli: i maschi che tra gli otto e i dodici mesi di vita venivano destinati al macello mentre con le femmine veniva fatta una selezione: le migliori si aggregavano alle fattrici, le altre più sfortunate, al macello come i maschi.
La struttura ospitava circa 60 capi di bestiame, vi era anche un toro custodito in una zona separata nella stalla, dal resto degli altri bovini. Lo status sanitario di tutte le bestie, compresi le gravidanze ed i parti, veniva seguito dal Veterinario della INEC il Dott. Vincenzo Giombetti.
“Lo stallone” era una struttura all’avanguardia per quei tempi, poiché davanti alla mangiatoia c’era una passerella che permetteva al personale di poter governare le bestie senza il rischio di prendere calci, dentro la mangiatoia ogni animale aveva un piccolo contenitore per l’acqua, quando la bestia ci metteva il muso per bere, azionava un meccanismo che apriva un rubinetto, facendo in modo che l’acqua arrivasse sempre fresca e pulita.

Oltre a mio zio Tarquinio nella stalla lavoravano in media cinque/sei operai.
A circa 100 metri di distanza dallo Stallone, procedendo verso il piano, c’era un altro casale denominato “Il pianello” dove si trovava una stalla piu’ piccola e dove lavoravano i fratelli Persieri Ugo e Nello; qui si allevavano bestie destinate alla riproduzione ed alla produzione di latte.
Se ben ricordo qui c’erano bestie sia di razza chianina che di razza olandese (quelle con la pelle bianca e nera) ed erano particolarmente indicate per la produzione di latte; ricordo che ogni vacca riusciva a produrre 10/12 litri di latte al giorno, (da verificare la precisione della mia memoria….)
Poi c’era il casale sulla strada della stazione prima della discesa qui c’era una bella stalla gestita dai fratelli Ferretti e ci abitava anche la famiglia di Camilli Mondo che lavorava per Vaselli. I bovini di questa stalla erano prevalentemente di razza Olandese, sia da riproduzione che da latte dove la mungitura veniva fatta prima a mano poi vennero introdotte le mungitrici elettriche. La famiglia Ferretti custodiva un nutrito gregge di pecore che credo, fosse l’unico nella zona di Castiglione di proprieta’ di Vaselli, prima che arrivassero i pastori sardi, il gregge era governato principalmente dalle mogli dei due fratelli Ferretti.

Procedendo nella zona del piano altri due casali a 500 metri dai Ferretti riconoscibili per la presenza di un grande pino, visibile anche da Castiglione, un casale era abitato dalla famiglia Basili che da quello che ricordo conducevano a mezzadria con Vaselli.
Loro avevano un stalla con pochi bovini, per la maggior parte tenevano vacche destinate al lavoro dei campi e qualche capo per la riproduzione, poichè la vendita di qualche vitello era fondamentale per il sostentamento della famiglia e per la gestione del podere.
Nell’altro casale abitava la famiglia Ugo Foscoli, dove vicino scorreva un limpido fosso alimentato da una sorgente di acqua sempre pulita e fresca e dall’altra parte del fosso c’era un casale che chiamavano “bragone” perche la famiglia che lo ha abitato prima di noi si chiamava cosi, non so se era il cognome, o il sopranome che come ben sai dalle nostre parti e’ quasi importante quanto il cognome.

Nel 1958 ci siamo trasferiti in questo casale, mio padre doveva gestire quella stalla, all’inizio c’erano solo vacche con qualche vitello, poi l’azienda Vaselli decise di costruire un grande recinto che partiva dalla stalla dove lavorava mio padre e traversando il fosso risaliva il costone passando per l’aia dei Basili e finiva sulla porta della stalla di Ugo Foscoli. In pratica questo recinto chiudeva circa 4/5 ettari di terreno.
Lungo il fosso cerano pioppi e piante di nocciole che davano un bel fresco riparo dalla calura estiva alle bestie e la vegetazione che cresceva abbondante lungo il fosso era un ottimo antipasto per i vitelli che dal mese di marzo fino alla fine di ottobre vivevano allo stato brado. Tuttavia non era sufficiente a sfamare circa 70/80 vitelli che pascolavano nel recinto, perciò tutti i giorni mio padre mio fratello Antonio, Ugo Foscoli e la collaborazione di uno o a volte anche due operai di Vaselli, dovevano provvedere a fare il foraggio che era costituito da erbamedica o granturco quando è ancora fresco e tenero, che veniva disseminato lungo il recinto due volte al giorno in modo che i vitelli avessero una dieta abbondante e completa.

Per permettere di abbeverarsi lungo questo fosso venivano fatti piccoli sbarramenti, e l’acqua che ristagnava era un valido abbeveratoio. Dentro questo recinto venivano custoditi solo vitelli femmine di razza Olandese e dovevano crescere in modo sano e salutare perche erano destinate alla riproduzione ed alla produzione di latte.
Quando queste raggiungevano l’età feconda venivano spostate in una delle stalle che ho menzionato e contemporaneamente da noi spostavano i vitelli che venivano svezzati dalle altre stalle.
Nei mesi invernali le bestie venivano riportate dentro le due stalle e venivano accudite sempre dallo stesso personale e la dieta del periodo invernale era il fieno che veniva tagliato e mischiato con il foraggio che durante l’estate veniva messo dentro i silos, ancora visibili in quasi tutte le stalle e per diversificare la dieta a volte davano un mangime naturale ma non conosco la sua composizione, ma assicuro che era veramente buono perche ricordo che lo mangiavano con grande appetito. Dall’aspetto sembrava il classico pop-corn, questa sostanza veniva messa a bagno in grandi contenitori di acqua che poi veniva scaldata e ne usciva una pietanza profumata e dolce molto gradevole.
Come dicevo la nostra prima abitazione nella zona di Castiglione è stata questo casale nelle vicinanze di questo fosso. Quel fosso con quell’acqua fresca era sicuramente una grandissima risorsa per qualsiasi tipo di allevamento e Vaselli ci permetteva di coltivare tutto quello che si riteneva importante per il sostentamento della famiglia. L’unica imposizione che ci fece fu quella di allevare tacchini che in prossimità delle festività natalizie dovevano essere macellati e destinati alla tavola della numerosa famiglia Vaselli e di tutto lo staff dirigenziale.

Ogni anno venivano allevati 14/15 tacchini e crescere questa specie di pennuti era molto impegnativo e coinvolgeva tutta la mia famiglia. La dieta dei pulcini di tacchino era molto complicata perche era costituita da una pianta selvatica che veniva fatta bollire insieme al pane duro, per poi essere macinata. Però i tacchini appena nati non erano in grado di mangiare e quindi ad uno a uno dovevano essere imboccati. La pianta selvatica in questione era l’ortica e io e mio fratello Sandro avevamo ogni giorno il compito di andare a raccoglierla nei campi. Ne dovevamo riempire un bel cesto e al posto dei guanti proteggevamo le mani con delle calze, quelli che facevano le nostre nonne con i ferri.
Le calze erano abbastanza resistenti ma non sufficienti a fermare la sostanza urticante di questa pianta e quindi le nostre mani per una ventina di giorni erano piene di piaghe.
Una volta svezzati, la dieta dei tacchini grandicelli era costituita da piccoli ciuffi di erba selvatica. Erano molto abili a catturare e mangiare cavallette e grilli e nelle vicinanze di casa non riuscivano a trovarne a sufficienza, soprattutto quando stavano diventando adulti. Quindi altro compito compito mio e di mio fratello era quello di portare i tacchini al pascolo, controllandoli di non farli avvicinare alle piantagioni di uva e di olive perche con la loro voracità erano in grado di divorare intere filari di uva e altrettanti alberi di olive in poco tempo.