di Nevino Barbanera
Le osterie, come cantava Guccini sono ormai scomparse nella loro originale composizione, anche nei piccoli paesi, anche a Castiglione in teverina hanno ormai chiuso i battenti quale simbolo di un periodo, di una popolazione, di un tempo andato.
Erano già dei locali considerati infimi, miseri dove la gente del popolo, dopo lunghe ed estenuanti ore di lavoro, si ritrovava, passava i pochi minuti liberi, o vi era addirittura chi vi viveva quotidianamente cercando di trascurare, dimenticare un magro presente. Un buon bicchiere di vino o mangiare un piatto di fagioli in una cucina rimediata, qualche alice all’aglio e prezzemolo, un po’ di ventresca girata sul fuoco.
Un tempo le osterie erano gli unici locali di ritrovo, numerose nei paesi, nei sobborghi delle città. Superate anch’esse dai tempi moderni, come il buon vino sfuso, le animate partite di briscola, gli spuntini frugali, gli inevitabili compari di merende, i cori improvvisati, l’ebbrezza di un bicchiere di troppo.
A Castiglione in Teverina, tra le colline del Tevere, posto ideale per vini e vigneti l’unico luogo dove si poteva bere, fino a qualche anno fa, un bicchiere sfuso e ritrovare l’ambiente delle osterie era il Circolo Combattenti e Reduci nella via del rivellino al numero 12. A segnalare la sua presenza era una vecchia targa, dipinta a mano, romboidale, tricolore con al centro un elmetto da soldato, simbolo dell’associazione e su scritto ANCR sez. Castiglione in Teverina circolo ricreativo.Ed è proprio in questo circolo che si potevano incontrare le poche persone tipiche, caratteristiche, potremmo definire DOC del paese.
Il suo ambiente era genuino e semplice come i personaggi rimasti del variegato bosco umano che vi si trovavano. Quasi tutti avevano un soprannome, nella conservazione della tradizione popolare e così vi era: “tidde bello, ciccio bello, nibba, nibbetta, bussoletta, geremei, buco di culo, peppe gnao, zanzarone e tanti altri”. Molti lentamente sono andati scomparendo, prima della chiusura del circolo, basti ricordare il cantate lirico Leonello Bellini che nonostante i suoi 80 anni continuava ad emettere gorgheggi che risuonavano rallegrando l’intera via, fin sulla piazza maggiore.
Un altro grande assente prematuro fu Placido Purgatorio un vecchio ometto, un nano. I suoi sfoghi “placidi” ormai inesistenti si addicono molto alle osterie. Quando era ancora in buona salute e risiedeva a Castiglione proprio nella via del rivellino passava quasi l’intera giornata al circolo-osteria e quando veniva la sera tra un bicchiere e l’altro, il miglior passa tempo del luogo, bestemmiava “la gonnellona” , ripensava alla sua vita infelice, menomata ed iniziava la sua monodia, la sua canzone biascicata: “damme n’antro bicchiere, rosso, rosso come me alla faccia …..” e giù una solenne bestemmia ed altre ancora poi intonava, incitato dai presenti:
oggi tutto il mondo è in attesa
d’andarsi a posar sulla luna
vanno tutti a cercar la fortuna
chi per primo la pole agguantà:
E la Russia che dice:
noi si mandò lassù Gagarin
ha parlato coi lunari
e la falce er martello gli dà.
Ma l’America pronta risponde:
mi son fatta gli studi, pian piano
e l’ apollo è poco lontano
la navicella che a terra tornò….
E continuava smozzicando quei versi da lui composti o chissà dove ascoltati.
“Ariempime `r bicchiere a forza di cantà mi s’è seccata la gola. Presto tutto `r monno sarà comunista, sarà rosso come sto bicchiere di vino. Do vole annà l’America, avanti popolo alla riscossa bandiera rossa trionferà. Stò vino m’ha da durà parecchio cò ducentomila lire di pensione e la pigione da pagà poco posso beve”. Ed allora molto spesso dopo tale rappresentazione canora gli erano offerti diversi bicchieri che sicuramente colmavano, almeno momentaneamente, la sua malinconia. Trovarsi da solo, con la propria limitazione è sicuramente triste ed inevitabile può accadere a chiunque, in qualsiasi momento della vita, smarrirsi ed affogare nel vino.
Ricordo quando una volta da ragazzi, per fare qualcosa di diverso, visto che era diventato un amico immancabile, in una delle tante sere di noie giovanili, quando non si sa cosa fare e si è sempre alla ricerca del nuovo, portammo Placido al cinema ad Orvieto, gli pagammo il biglietto lo trasportammo ma coincidenza del caso il film da vedere era “psyco” di Hitchoch. Al termine del film, molto annoiato ci disse “ma che m’avete portato a vede io pensavo che fosse un firm co le donne gnude”. Placido non avendo famiglia, fu allocato alla casa per anziani di Civitella D’agliano dove da diversi anni è scomparso. Come gradualmente sono scomparsi quasi tutti i personaggi dei soprannomi citati e per finire anche l’osteria ha chiuso la sua saracinesca.
L’ultima gestione tradizionale è da riferirsi a Luigi Todini e a sua moglie, la signora Maria, la sua tragica scomparsa ha fatto presto a terminare anche il circolo. Dopo di loro si sono tentate delle nuove gestioni ma presto accantonate.
La storia corre in fretta cadono i muri, si superano le cortine, esplodono nuovi problemi dell’economia, dell’occupazione, di nuove tasse, di pensioni e col passare dei giorni, dei mesi degli anni sono aumentate nelle osterie fuori dal tempo, gli assenti, più taciturne, silenziose, inesistenti come i poveri. I pochi combattenti si sono ritrovati il 4 novembre, festa della vittoria, con la bandiera rammendata, la messa solenne, una corona ai caduti, un panino, un inevitabile bicchiere di vino. Ricordando, i pochi le guerre trascorse, sperando, tutti, non avvengano più. Intanto le guerre continuano e diventano preventive quotidiane e televisive.
Le tradizioni cambiano importanti almeno i ricordi che possano mantenere vivo un tempo che fu, della tradizione popolare, di un vivere semplice e sincero, di personaggi castiglionesi autentici e veraci.