NATALE A SERMUGNANO

   di Francesco Chiucchiurlotto

Di neve ce n’era stata solo una spolverata, però faceva molto freddo, specie nella sacrestia della canonica dedicata a San Silvestro, dove il parroco, Don Rossi, spolverava il Bambinello che durante la messa di mezzanotte della Vigilia di Natale sarebbe nato per la millenovecento e passa volta.
L’aveva tratto dall’armadio in una scatola piena di riccetti, i trucioli del falegname, dov’era conservato per tutto l’anno, perché non doveva né rompersi, nè graffiarsi, essendo fatto di gesso verniciato a coppale, con i capelli biondi e gli occhi azzurri dipinti a mano ed un sorriso dolce, che unito al gesto benedicente della mano destra, dava a chi lo avesse guardato un senso di serenità e pace.

“Come sei bello Gesù Bambino mio” – mormorava Don Rossi mentre con la delicatezza che gli consentivano le sue dita tozze e callose, lo spolverava da pagliuzze di legno che i trucioli avevano liberato – “certo che laggiù in Palestina avevi i capelli crespi e gli occhi neri come er carbone; chissà che avrebbe detto la Madonna se Ti avesse visto così !” Filosofeggiava il prete mentre quasi lo accarezzava. “Sante donne, avete finito?”
Interpellò con l’ironia consueta le tre donne anziane che stavano sistemando la navata della Chiesa e l’altare. “E’ tutto a posto Don Rò’… avemo pulito, ordinato e addobbato come ciavete detto; è tutto nà bellezza”. Ed in effetti la vecchia Chiesa di San Silvestro, da anni bisognosa di manutenzioni e di tinteggiatura, sembrava un’altra: una fila rossa di stelle di Natale ingentiliva l’altare che spiccava in alto rispetto al piano del pavimento, sia perché slanciato verso il soffitto, sia perché posto su gradini belli alti; i banchi ordinati e lucidati; altri fiori nei vasi sulle nicchie laterali; una bella guida rossa anch’essa, al centro tra le file dei banchi.

Don Rossi uscendo dalla sacrestia, fece un solenne ingresso nella navata portando in braccio il bambinello; subito Zelmira corse con lo sgabello a tre gradini da porre sotto l’ostensorio dell’altare e Rosa con il panno ricamato e con i bordi fatti all’uncinetto, per coprire il divino bambino.
Sempre con solennità il Parroco salì la scaletta, depose la statuina nell’apposito giaciglio, sempre di gesso, che prima aveva posto inclinato in modo che si potesse vedere bene anche dal basso e da lontano e poi, spiegato il panno, lo pose sul Bambinello facendo in modo che un angolo pendesse verso di lui, pronto per essere tirato al momento opportuno.
Il più era fatto in quel pomeriggio della Notte Santa, e quindi salutate le “sacrestane” Don Rossi si diresse nel suo appartamento dove l’attendeva il suo passatempo preferito, la scultura.
Può sembrare incredibile, ma le opere di Don Teolindo Rossi era eccezionali, come del resto lui era un personaggio eccezionale: poliglotta, parlava bene tedesco, francese ed inglese; gran cacciatore di penna e gran bevitore di rosso; erudito di vastissimi saperi; ed infine scultore di un materiale tipico locale come il nenfro, pietra tufacea dura e scura, molto usata dagli Etruschi che proprio a Sermugnano avevano un importante centro abitato ed una ricchissima necropoli.

Ogni tanto Don Rossi, a chi lo andava a trovare, mostrava il depliant di un museo svedese in cui c’erano le foto di alcuni reperti etruschi rinvenuti nella Tuscia e faceva vedere quella di una specie di divinità scolpita nel nenfro: “Vedete, questa l’ho fatta io; poi l’ho venduta ad uno straniero e guardate dov’è finita, in un museo; so’ bravo eh ??.” Ed era successo proprio così perché confrontata con le opere che Don Rossi ancora conservava, non c’erano dubbi sulla mano che l’ aveva realizzata. Così in una stanza, al centro di un tavolo e sopra una coperta per non sporcare in giro, c’era un bel blocco di nenfro, alcuni scalpelli, una mazzetta da muratore, una bacinella d’acqua ed alcuni stracci. Don Rossi si versò un bicchiere di vino rosso, quello del Poggio che era forte ed un pizzico abboccato, che si beveva bene anche fuori dai pasti, e prese con buona lena a scheggiare il nenfro lungo linee che solo lui vedeva.

Alla messa di mezzanotte tutto il paese era presente: la chiesa gremita, lo spazio davanti al portone spalancato, pure. Dopo la Comunione arrivò il momento tanto atteso: a mezzanotte, minuto più, minuto meno, mentre le campane suonavano a distesa facendo vibrare l’elegante campanile, che anni dopo avrebbe conosciuto l’impatto distruttivo del fulmine, e mentre il coro, quasi tutte donne, intonava “ Tu scendi dalle stelle”; e mentre i chierichetti si davano da fare con l’incenso, Don Rossi tirò leggermente il drappo e scoprì la statua del bambinello benedicente.

L’effetto scenico dello scoprimento di ciò che è celato alla vista non manca mai; tutti sapevano cosa ci fosse sotto il panno, ma la sorpresa fu piena come al solito, anche perché dopo un anno riscoprirne i particolari e rinnovarne le emozioni era bello e commovente; non è forse questa la famosa magia del Natale??
Ora si trattava di far baciare il Bambinello alla popolazione: messo lo sgabello sotto l’altare, Don Rossi vi sale abbastanza agevolmente, solleva le braccia e con le forti mani afferra e solleva e la statua; fa per scendere quando qualcosa di imprevisto accade.
Un lembo della tiara va a finire sotto il piede destro del Parroco e lo strattone che ne deriva provoca un contraccolpo a sinistra tale da sbilanciarlo; un attimo di stasi come se il corpo si fosse fermato a mezz’aria, poi come un lampo Don Rossi cade rovinosamente a sinistra dell’altare e dall’altra parte, altrettanto rovinosamente cade la statua del Bambinello.

Per un mezzo miracolo Don Rossi atterra di fianco e quasi rimbalza sul tappeto davanti all’altare, tanto da rialzarsi subito indenne; per una buona dose di malasorte, il Bambinello incoccia proprio il filo del gradino di marmo e va in mille pezzi. Non ci possono essere parole per descrivere la scena dei fedeli che avevano assistito allo sfortunato evento: un prolungato “ OOHHH!!!” di sgomento; occhi e bocche spalancati; il corpo contratto; poi un vocìo di dispiacere, un agitarsi di teste che volevano vedere, sia Don Rossi, che si aggirava sui frammenti della statua, sia proprio quest’ultimi che erano schizzati tutto intorno all’altare. Don Rossi pensò subito che la situazione andava ricondotta in qualche modo sotto controllo.
“Cari fedeli, figlioli diletti…” Cominciò senza tanta convinzione.
Ma dalle espressioni che provenivano dalle prime file capì che non era quello né il tono, né l’indirizzo giusto.

Si chinò, raccolse un frammento, il più grande tra quelli sparsi ai suoi piedi ed impostata la voce e gonfiati i polmoni esclamò: “ Sermugnanesi, … a ragà’… stasera è annata così; contentamice del cianchetto”… e così dicendo mostrò loro una gamba del bambinello, che per fortuna o mezzo miracolo era restata intatta nella sua completezza. Deciso, si avvicinò al limine dell’altare e porse al bacio di Zelmira, la più prossima, la preziosa reliquia.
Naturalmente con tutta la devozione di cui era capace, essa baciò il frammento di gesso come fosse una santa reliquia, e via via tutti i presenti sfilarono davanti a don Rossi, con lo stesso impegno e convinzione di sempre a baciare il Bambinello; sia perché volevano bene al loro Parroco, sia perché altrimenti, che Natale sarebbe stato??

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